Non esistono genitori perfetti, in questo arduo compito compiamo tutti, prima o poi qualche errore. Eppure i nostri figli non ci richiedono perfezione, questo è un aspetto che spesso gli adulti ricercano. I bambini, al contrario, richiedono presenza. La presenza è intesa non solo dal punto di vista fisico che offre certamente gratificazione, contatto e conforto; ma anche come possibilità di riconoscimento e condivisione di vissuti emotivi. Il linguaggio emotivo è un codice comunicativo che si costruisce giorno dopo giorno. I genitori attraverso le parole che traducono gli stati emotivi restituiscono al proprio figlio la possibilità di riconoscersi come essere pensante e di conseguenza di sentirsi perfettamente in grado di esprimere i propri bisogni. Così come si insegnano le parole che descrivono il mondo in cui viviamo, la classificazione degli oggetti, degli animali e delle regole sociali; anche il mondo emotivo ha bisogno di essere conosciuto ed “etichettato”.
Riconoscere la propria tristezza, la propria rabbia, la propria paura, associarla a situazioni e condizioni che la provocano, parlarne con coerenza ed aspettarsi di essere compresi ed ascoltati è un’azione necessaria affinché i bambini imparino a gestire e sopravvivere alle proprie crisi interiori. La presenza consapevole dovrebbe essere l’obiettivo di ogni azione genitoriale. Non è l’errore che ci definisce come inadeguati ma la capacità di recuperare partendo dall’interno. Un genitore efficace è un genitore che sbaglia, si rende conto di quale vissuto emotivo lo ha portato a “sbagliare” (ad esempio urlare e perdere la pazienza) e consapevole di questo parla al proprio figlio di cosa è avvenuto.
“Mi dispiace di aver urlato, vorrei solo farti capire che quella situazione è pericolosa e che io ho il dovere di proteggerti”. Il linguaggio emotivo è potente, riparatore e calmante. Esserci emotivamente per i nostri figli influisce sul loro sano sviluppo psicologico.
