Molti anni fa, durante una visita a Madrid, mi sono imbattuta in una scritta su una panchina che diceva : “los limites los pones tu”.
Istintivamente mi è venuto da attribuirgli un valore estremamente positivo, di speranza: “non sei destinato ad accontentarti, puoi spingere il piede sull’acceleratore”.
Sebbene sia vero che non dobbiamo accontentarci di ciò che ci capita durante il nostro cammino di vita è anche vero che il limite ha un grandissimo potere di insegnamento. Da adulti, questo lo comprendiamo bene: sappiamo distinguere cosa potrebbe migliorarci e cosa, invece, finirebbe addirittura con il farci del male.
Tra gli 11 e i 15 anni il limite è un concetto non definito, impalpabile, esiste ma solo nei ragionamenti degli adulti. In questa fase di vita, il limite è più che altro percepito come un vincolo che toglie libertà di azione, piacere e divertimento.
La preadolescenza è un periodo intriso di forte energia, un gioco costante di spinte verso qualcosa che è altro da me. I ragazzi vogliono allontanarsi e ci riescono seguendo l’essenziale tendenza all’esplorazione del mondo e la curiosità della sperimentazione. Tuttavia, pensare di potersi permettere di fare tutto è pericoloso. La vaghezza di un concetto che è valido per gli altri e non per me, sposta troppo in avanti l’asticella del rischio, è per questo che gli adulti devono diventare guide attente ed in certe situazioni giustamente limitanti. Condividendo anche il pensiero di Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta infantile, credo che ogni genitore debba comunicare chiaramente ai figli il proprio progetto educativo familiare, ovvero dare regole su attività, modo di comunicare e relazionarsi, uso dei dispositivi elettronici e via discorrendo.
Il progetto educativo è, nel dettaglio, un comportamento familiare che abitua sin da subito i ragazzi al senso di un limite che serve ad autoregolarsi e proteggersi. Bambini e ragazzi molto giovani hanno una reale esigenza di tradurre emotivamente i significati dei propri comportamenti e dei propri pensieri, questo lavoro così importante può farlo solamente un adulto che ha già interiorizzato il senso dell’autoregolazione e del limite. Le regole parlano chiaro al ragazzo in termini di ciò che è lecito o non è lecito fare. Le difficoltà che si incontrano sono spesso legate alle conseguenze emotive che certe battaglie familiari comportano; i genitori finiscono con il sentirsi in colpa quando i figli obiettano certe regole e quando reagiscono male e magari finiscono con l’insultarci. Anche in questi casi, però, bisogna ricordare che i ragazzi stanno solamente facendo la loro parte e che è proprio la gestione di quella frustrazione imposta da una restrizione a fornire la possibilità di apprendere qualcosa circa se stessi e gli altri. Oggi è molto più facile rispetto al passato, perdere il senso del limite, soprattutto perché l’uso di internet e dei social porta i più giovani ad avere accesso a qualsiasi tematica e “ambiente virtuale”. I contenuti per adulti sempre più spesso giungono tra le mani e sotto gli occhi dei minori, che non sapendo maneggiare certi significati li perpetuano. La conseguenza è, per esempio, un aumento del cyber bullismo e del bullismo, che prolifera sopra una sempre più dilagante perdita del ruolo genitoriale. Questo è l’allarme del nostro secolo: ritornare alla consapevolezza dell’importanza del ruolo genitoriale.