Il 28 giugno 2012, L’Assemblea generale dell’ONU ha affermato che “la felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità” per cui tutti noi operatori del benessere fisico ed emotivo abbiamo la responsabilità di promuovere interventi volti al miglioramento dello stato della persona. Il 20 marzo si celebra la celebrazione della Giornata Mondiale della Felicità. Per quest’occasione vi propongo una mia riflessione.
La sofferenza è parte della vita di ciascuno di noi, ma proprio per questa sua inevitabilità; diventa fondamentale perfezionare sempre di più gli interventi di sostegno, cura e riabilitazione. La psicoterapia accoglie il bisogno, l’urgenza che interrompe la serenità: è lo strumento attraverso il quale una persona sofferente può garantirsi una ripresa che dura nel tempo. La poca informazione circa l’importanza del mantenimento di una buona salute mentale, induce ancora a pensare a questa come qualcosa di straordinario e meno ordinario. In realtà ci si ammala emotivamente molto più spesso di quanto immaginiamo: siamo abituati a curarci le ferite del corpo e meno a riconoscere quelle delle mente. L’infelicità per molte persone, diventa una condizione cronica per cui non si può fare nulla; e in queste situazioni tanto è più radicata l’idea che la salute mentale non sia importante (si può sempre aspettare), tanto più intensa e costante sarà la sofferenza. Depressione, disturbi d’ansia generalizzata, attacchi di panico, ipocondria, sono quadri clinici che tolgono il respiro vitale e che vengono trattati in terapia proprio perché possono essere contrastati o contenuti.
La felicità è uno scopo di vita che può essere garantito a patto che si sia intenzionati a vederla per quello che realmente è: Essere felici è uno stato transitorio che riflette ciò che sentiamo. Più sentiamo, ci sintonizziamo sui nostri bisogni emotivi, i nostri vissuti, i nostri desideri creativi e più aumentiamo la possibilità di garantirci tanti momenti sereni. Ha a che fare con noi e non con ciò che possediamo. I pensieri sono il riflesso di ciò che proviamo, eppure la società ci ha convinti del contrario; ossia che noi siamo ciò che pensiamo: In effetti, noi siamo ciò che sentiamo ed è il sentire a creare il pensiero. Al contrario, se fosse il pensiero ad attivare il nostro stato emotivo di infelicità, basterebbe controllarlo…ma voi ci siete mai riusciti? Alcune terapie di ultima generazione, come la mindfulness per esempio, si basano proprio sullo studio dell’evanescenza e l’imprevedibilità del pensiero e aiutano la persona a cogliere lo stato d’animo del momento lasciando andare le immagini della mente.
In occasione di questa importante giornata, l’augurio che sento di fare è quello di riuscire a concedersi lo spazio di cura emotivo affinché ci si concedano degli intensi momenti di felicità.