In questi giorni commemoriamo la memoria dei nostri defunti, con un fiore, una preghiera, un pensiero. Un evento che ci ricorda l’aspetto più umano della nostra esistenza: la morte, a cui si lega, in termini psicologici, l’esperienza del lutto.
Siamo fatti di legami e quando questi si spezzano, la mente e il corpo devono riorganizzarsi per accettare la perdita di una relazione, di un rapporto con un altro, che è anche una perdita del rapporto con sé stessi.
Il lutto, però, non è una malattia, ma un processo psicologico, emotivo e corporeo; può trasformarsi in una forma di sofferenza persistente, chiamata “lutto complicato” o “prolungato” caratterizzato da sentimenti di colpa, vuoto cronico, incapacità di accettare la perdita o isolamento sociale. In questi casi, l’intervento di uno psicologo o psicoterapeuta può essere fondamentale per accompagnare la persona verso un processo di guarigione e di riconciliazione con la vita.
Elaborare il lutto non significa allora dimenticare, ma trasformare il ricordo. Col tempo, la persona amata può continuare a vivere dentro di noi in un modo diverso: non più come presenza fisica, ma come parte della nostra identità, delle nostre scelte, dei nostri valori.
Ricordare diventa allora un atto d’amore: un modo per dire “continui a far parte di me”, anche nell’assenza.

